«Anziché pensare a una nuova espansione edilizia è ora di immaginare come recuperare il patrimonio esistente. Il metro cubo non può essere l’unico obiettivo». Lo dice Giuseppe Pattarini, presidente degli edili di Assindustria

Gli anni del boom, poi lo scoppio della bolla speculativa e la frenata. Ora, in una città dove l’offerta di case ha conosciuto un’espansione rapidissima nell’ultimo decennio, ci sono un mercato da far ripartire e un piano di governo del territorio da studiare, a sei anni dall’ultimo documento approvato dal Comune.

Giuseppe Pattarini, presidente dell’Associazione dei costruttori edili, spiega in che direzione devono muoversi imprese e Comune. Non senza sorprese, perché Pattarini sfugge dallo stereotipo del costruttore che chiede cemento. Il presidente degli edili di Assindustria invoca idee, non mattoni.

Come sta il mercato immobiliare mantovano?
«Per sapere com’è andato il 2010 dobbiamo aspettare qualche mese. Di certo in questa città non ci possiamo lamentare, soprattutto se ci confrontiamo con realtà estere. La ripresa è lenta ma sta partendo. Possiamo dire che il peggio è alle spalle».

L’impressione è un’altra: in ogni angolo della città ci sono appartamenti e negozi vuoti, con casi di nuovi quartieri rimasti deserti come a Borgochiesanuova. Quante sono le case invendute?
«È difficile dirlo con certezza e anche fare una stima attendibile. Però bisogna stare attenti: non tutto quel che è vuoto per noi è un problema. Ad esempio Borgonuovo, benché in gran parte sfitto, non può essere considerato invenduto: i costruttori hanno incassato, perché le palazzine sono state acquistate da fondi immobiliari».

Resta il fatto che interi quartieri disabitati fanno pensare che non ci sia spazio per allargarsi ancora. È d’accordo?
«Non si può escludere a priori l’espansione edilizia, sarebbe un errore. Certo la nostra filosofia deve cambiare. Per anni abbiamo considerato il metro quadrato e il metro cubo come delle divinità, come degli obiettivi sacri da perseguire a ogni costo. Ora serve una prospettiva diversa. Soprattutto in città dobbiamo guardare al recupero e alla valorizzazione del costruito con uno sforzo di creatività e innovazione, anche perché veniamo da troppi anni nei quali Mantova è rimasta ferma, senza nemmeno un piano di governo del territorio».

Imprese e Comune escono da anni di rapporti difficili. A chi tocca indicare la rotta?
«Noi siamo disponibili a collaborare con l’amministrazione. Ma il compito più oneroso è del Comune. Tocca all’amministrazione pensare il rinnovamento degli spazi della città e dare un’identità nuova a Mantova. Noi entriamo in gioco un attimo dopo, con i nostri suggerimenti e le nostre capacità imprenditoriali».

Ma quale sarebbe la direzione ideale per la città? Una Mantova verde che punta su cultura e turismo? Una Mantova che attira studenti o che si rinnova attorno a realtà consolidate come il polo chimico?
«Pensare a una sola Mantova è un errore perché non c’è una vocazione unica della città. Ci sono anime diverse che devono convivere. Non si può pensare che bastino turismo e cultura né che ci si possa appoggiare interamente all’eventuale sviluppo industriale».

Quali sono i rappporti con il Comune? State già parlando in vista del Pgt?
«Aspettiamo un incontro, per ora siamo fermi a qualche scambio di idee. Con l’assessore Giampaolo Benedini c’è sintonia, l’architetto ha idee per dare una veste nuova alla città. Ce n’è bisogno, perché abbiamo perso troppi anni. Oggi Mantova è una città piena di contenitori vuoti. Per riempirli serve una spinta creativa».

Pensa a qualche zona in particolare?
«Il discorso vale per tutta la città, è un approccio diverso che dobbiamo mettere in campo sia noi imprenditori che il Comune. Di certo comunque dobbiamo concentrare i nostri sforzi sul centro storico e su realtà come Fiera Catena che hanno un grande potenziale ma sono lasciate a se stesse».

Quale ruolo immagina per l’hinterland? Nei mesi scorsi diversi sindaci avevano chiarito che nei loro Comuni non c’è spazio per case popolari: può reggere il modello dei quartieri-giardino?
«Sono posizioni comprensibili. Ma Mantova ha uno dei tassi di immigrazione più alti della Lombardia e, secondo le nostre stime, destinato a crescere ancora. Anche per questo l’housing sociale ha ampie prospettive. In città di spazio ne è rimasto poco: che piaccia o no sarà il mercato a spingere in direzione dei Comuni periferici».