Troppo ricchi per accedere all’edilizia pubblica (le meglio conosciute “case popolari”), ma allo stesso tempo troppo “poveri” per accedere al libero mercato, che specie negli ultimi tempi ha fatto registrare un’impennata vertiginosa del prezzo delle case, sia che sui tratti di acquistare che di cercare una sistemazione in affitto.

Un esercito che però si ingrossa sempre di più, tanto da rappresentare quasi una nuova classe sociale: giovani, coppie, studenti, stranieri, pensionati. Tutti accomunati da un’eterogenità di bisogni che è solo apparente e che comunque non trova risposta adeguata nelle classiche forme dell’abitare.

Per loro la scommessa si chiama “Social housing”. Un concetto che esprime un nuovo modo di abitare, a metà tra l’edilizia popolare e la proprietà privata. E quindi, alloggi confortevoli a prezzi accessibili, è questo il segreto dell’abitare sociale, che se in Italia stenta a decollare in altri Paesi europei è ormai diventata una forma consolidata di edilizia sociale.

Colpa forse di un retaggio che rimanda al concetto di case popolari, di cui in effetti il social housing rappresenta al tempo stesso il superamento e l’evoluzione. Perché tra i molti vantaggio di questo tipo di interventi c’è anche un aspetto culturale e sociologico da non trascurare: offrire un contesto abitativo e sociale dignitoso, all’interno di un ambito ricco di relazioni umane e comunitarie altrimenti difficili da coltivare, specie se si pensa agli anziani e ai nuclei monogenitoriali.

Se in città come Parma proprio in questi giorni è stata posata la prima pietra del progetto “Parma social house” che prevede, nei prossimi anni, la realizzazione di circa 852 alloggi di edilizia residenziale”, anche in Abruzzo se ne comincia a parlare. La Provincia di Pescara di recente ha dedicato un’intera giornata di studio al tema, chiamando a confrontarsi politica, studiosi e imprenditori. Sì, perché il segreto del successo di questi progetti è proprio la collaborazione tra pubblico e privato. Il Cipe ha appena stanziato una corposa tranche di finanziamento pubblico e tra le regioni destinatarie delle somme c’è anche l’Abruzzo, che però è rimasta indietro nella presentazione dei progetti.

Ma è un’occasione da non perdere, perché questi nuovi contesti abitativi portano con sé anche una cultura nuova del costruire. Ponendosi infatti a metà tra l’edilizia popolare e la proprietà privata delle abitazioni, rappresentano la frontiera per l’utilizzo di tecnologie e materiali sostenibili ed apprezzabili in termini di risparmio al consumo. Il tutto con una maggiore attenzione allo studio degli spazi privati e pubblici.

Certo, c’è da fare i conti con la concretezza: mettere insieme i soggetti interessati e superare gli ostacoli burocratici. Ma la strada è questa. Lo chiede il territorio, che non può più essere sfruttato. Lo chiedono le città, che vogliono rigenerarsi. E lo chiede la società, che vuole di nuovo tornare ad essere comunità.