Il suo ruolo importante nella città contemporanea

Una prima soluzione al disagio abitativo è la nuova declinazione dell’edilizia a prezzi calmierati, il cosiddetto housing sociale, termine preso in prestito dalla tradizione nordeuropea, dove ha un’accezione simile alla nostra “casa popolare”. In Italia, invece, esso fa riferimento ad un insieme di alloggi e servizi, azioni e strumenti, finalizzati a rispondere al disagio abitativo ma anche a favorire relazioni umane per coloro che, per ragioni economiche o per l’assenza di un’offerta adeguata, non riescono a soddisfare sul mercato il proprio bisogno.

L’housing sociale si modula come la risposta ad una domanda proveniente da un ceto sociale leggermente differente da quello che è in lista di attesa per la normale edilizia popolare: la cosiddetta zona grigia, quella fetta di utenti non così poveri da poter entrare nelle liste di assegnazione di alloggi pubblici, ma nemmeno così capaci economicamente di permettersi un alloggio di proprietà. Diversi sono i progetti avviati in Italia, soprattutto grazie al Sistema Integrato dei Fondi attivato dal cosiddetto “Piano casa”; i maggiormente significativi, nonché i primi ad essere attivati, sono quelli di via Cenni e il quartiere sostenibile di Figino, entrambi a Milano e Parma Social House.

Riconfermando come la residenza rimanga l’elemento primario di generazione della città, l’housing sociale può ritagliarsi un ruolo importante per la soluzione dei problemi legati alla città contemporanea. Essendo uno strumento utilizzato peculiarmente da fondazioni ed enti privati, l’operazione di housing sociale può rigenerare tessuti urbani degradati, periferie, vuoti urbani. La varietà di estrazione sociale degli utenti, poi, garantisce che non si creino dei “ghetti”, come di solito invece succede nei quartieri di edilizia popolare.

Gli interventi di housing sociale, inoltre, prevedono spesso, in dotazione agli alloggi, attrezzature a servizio della residenza ma che in qualche caso possono innescare fenomeni di attrattiva e rigenerazione sociale per la città. La progettazione di tali alloggi, essendo essi destinati a svariate forme di nucleo familiare, risulta (almeno nei casi di successo) più attenta ai bisogni degli utenti e flessibile in riferimento ad eventuali usi futuri. Da questo punto di vista è interessante fare riferimento ad “Elemental”, iniziativa di housing sociale di successo ad Iquique, in Cile. In particolare, su progetto dell’architetto Alejandro Aravena, il governo cileno ha costruito 93 moduli base costati 7.500 € ciascuno, lasciando la possibilità agli occupanti di aggiungere, nei limiti imposti e a proprie spese, dei nuovi volumi per gli eventuali nuovi bisogni delle famiglie.

La qualità architettonica medio elevata che i progetti di housing sociale presentano può, infine, fare da volano per la ricerca di una maggiore qualità del costruito anche nel settore pubblico e privato. Quella dell’housing sociale, però, rimane una delle limitate possibilità di soluzione del problema casa. Senza un intervento strutturale statale, infatti, che riconosca con consapevolezza come il disagio abitativo sia un handicap ormai indiscutibile per la società contemporanea e che decida di intervenire con strumenti e fondi economici dedicati, l’housing sociale rimarrebbe una sorta di cura palliativa per un malato morente qual è la società contemporanea.

Testo di: Gianni Perrucci
Didascalia Foto: “Elemental” ad Iquique, in Cile: flessibilità a basso costo.